venerdì 22 aprile 2011
mercoledì 13 aprile 2011
Chi ha paura (di quei comunisti) dei professori?
A febbraio Berlusconi ha accusato gli insegnanti della scuola pubblica di corrompere i giovani studenti (come Socrate, quale onore) inculcando loro valori diversi da quelli trasmessi dalle famiglie.
Ora un gruppo di parlamentari del PdL, guidati dall'onorevole Carlucci, che lo scorso febbraio ha presentato una proposta di legge con la quale chiedeva l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'imparzialità dei libri di testo scolastici, ha aperto un dibattito in cui accusa i libri di storia di «indottrinamento ideologico», anche a fini elettorali, e gettano fango sul Premier e sulle forze di Governo. E chi sceglie i libri di testo in un Paese in cui (ancora) la libertà di insegnamento è sancita dalla Costituzione? Gli insegnanti, almeno finora.
Perché tutto questo accanimento?
Sicuramente ha ragione l'europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, nel definire operazioni come questa ''un altro artificio per alzare cortine fumogene mentre in Parlamento si fanno gli interessi di Berlusconi''.
Eppure non posso fare a meno di pensare che questa ostilità continuata restituisca, suo malgrado, agli insegnanti almeno un po' della dignità e dell'orgoglio che da tempo sono messi a dura prova.
Insomma, mi viene da pensare: vuoi vedere che 'sti professori fanno un po' paura?
Ora un gruppo di parlamentari del PdL, guidati dall'onorevole Carlucci, che lo scorso febbraio ha presentato una proposta di legge con la quale chiedeva l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'imparzialità dei libri di testo scolastici, ha aperto un dibattito in cui accusa i libri di storia di «indottrinamento ideologico», anche a fini elettorali, e gettano fango sul Premier e sulle forze di Governo. E chi sceglie i libri di testo in un Paese in cui (ancora) la libertà di insegnamento è sancita dalla Costituzione? Gli insegnanti, almeno finora.
Perché tutto questo accanimento?
Sicuramente ha ragione l'europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, nel definire operazioni come questa ''un altro artificio per alzare cortine fumogene mentre in Parlamento si fanno gli interessi di Berlusconi''.
Eppure non posso fare a meno di pensare che questa ostilità continuata restituisca, suo malgrado, agli insegnanti almeno un po' della dignità e dell'orgoglio che da tempo sono messi a dura prova.
Insomma, mi viene da pensare: vuoi vedere che 'sti professori fanno un po' paura?
martedì 12 aprile 2011
Pasta al dente e niente bambini: la vacanza è servita
Rimando la seconda puntata del discorso sulla felicità per fare un breve commento ad una notizia che ieri, mentre facevo spese al supermercato ho sentito buttare lì, tra una canzone e l'altra, da una radio: l'annuncio della Ryanair, diramato il 1° aprile (ma non è un pesce!) che dal prossimo ottobre metterà a disposizione voli senza bambini, ovviamente con una maggiorazione di prezzo.
Del resto sono sempre più richieste le vacanze per adulti. E non nel senso di soggiorni a luci rosse, che pure abbondano (su Internet si spazia dai "viaggi della gnocca" alle "vacanze scambisti", agli "alberghi intriganti per soli adulti"), ma di villaggi, resort, centri termali, hotel, in cui i bambini non sono ammessi. Un po' come quei posti (che nei luoghi di vacanza abbondano) in cui non sono ammessi gli animali.
Sono vacanze pensate soprattutto per singles che vedono le ferie come occasione per un incontro, che sia l'avventura di una settimana o l'incontro di una vita. Oppure vanno bene alle coppie, da quelle appena nate, alla ricerca di un luogo dove "tubare" in santa pace, a quelle ormai esauste da una ventennale convivenza, che tentano di rinverdire i fasti di una passione ormai consunta.
Figuriamoci, per una childfree come me le vacanze bambini esclusi sono un invito a nozze. Eppure l'idea mi intristisce un po': escludere deliberatamente dalla propria vita i contatti con una categoria umana, sia pure per il breve spazio di una vacanza, mi sembra un impoverimento spirituale e culturale.
Ma forse il nocciolo della questione sta nel viaggio organizzato, nella vacanza "tutto-compreso": quella senza imprevisti, senza sorprese, a quanto pare la preferita dagli italiani, che mettono tra le priorità mangiare la pasta perfettamente al dente a Rangiroa, o fare il bagno nella rssicurante piscina del resort piuttosto che avventurarsi
nelle infide acque della laguna corallina.
Innamorarsi in un mondo finto qual è quello del villaggio turistico ha qualcosa di virtuale, ricorda un po' gli amori nati in chat. Quante probabilità ha una coppia nata in ambienti così protetti di sopravvivere all'impatto con il mondo reale, quello del pesce con le spine e dei bambini che urlano?
Del resto sono sempre più richieste le vacanze per adulti. E non nel senso di soggiorni a luci rosse, che pure abbondano (su Internet si spazia dai "viaggi della gnocca" alle "vacanze scambisti", agli "alberghi intriganti per soli adulti"), ma di villaggi, resort, centri termali, hotel, in cui i bambini non sono ammessi. Un po' come quei posti (che nei luoghi di vacanza abbondano) in cui non sono ammessi gli animali.
Sono vacanze pensate soprattutto per singles che vedono le ferie come occasione per un incontro, che sia l'avventura di una settimana o l'incontro di una vita. Oppure vanno bene alle coppie, da quelle appena nate, alla ricerca di un luogo dove "tubare" in santa pace, a quelle ormai esauste da una ventennale convivenza, che tentano di rinverdire i fasti di una passione ormai consunta.
Figuriamoci, per una childfree come me le vacanze bambini esclusi sono un invito a nozze. Eppure l'idea mi intristisce un po': escludere deliberatamente dalla propria vita i contatti con una categoria umana, sia pure per il breve spazio di una vacanza, mi sembra un impoverimento spirituale e culturale.
Ma forse il nocciolo della questione sta nel viaggio organizzato, nella vacanza "tutto-compreso": quella senza imprevisti, senza sorprese, a quanto pare la preferita dagli italiani, che mettono tra le priorità mangiare la pasta perfettamente al dente a Rangiroa, o fare il bagno nella rssicurante piscina del resort piuttosto che avventurarsi
nelle infide acque della laguna corallina.
Innamorarsi in un mondo finto qual è quello del villaggio turistico ha qualcosa di virtuale, ricorda un po' gli amori nati in chat. Quante probabilità ha una coppia nata in ambienti così protetti di sopravvivere all'impatto con il mondo reale, quello del pesce con le spine e dei bambini che urlano?
domenica 10 aprile 2011
Discorso sulla felicità. 1) Perché gli italiani non sono felici?
Parlare di felicità, di questi tempi, può sembrare fuori luogo ma, diciamocelo, esiste un luogo, un momento adatto per tirar fuori questo argomento? La verità è che c'è un sorta di pudore a parlarne. Solo nelle rubriche tipo "posta del cuore" o "lo psicologo risponde", protetti dall'anonimato, confessiamo che vorremmo essere felici: nella vita di tutti i giorni; quando parliamo con familiari, colleghi ed amici non facciamo altro che scambiarci le nostre infelicità, condividere problemi e lamentele. Insomma, la felicità individuale appare un comportamento, o anche solo un desiderio, socialmente riprovevole.
Del resto, se dalla felicità individuale allarghiamo il discorso alla felicità sociale, le cose non vanno meglio.
Queste mie riflessioni prendono spunto dalle "Invasioni barbariche" dell' 08-04-11, in cui, ospite Bianca Berlinguer, viene trasmesso un breve spezzone dell'intervista che nel 1983 Minoli fece al padre Enrico per "Mixer": alla domanda su che cosa gli dà più fastidio della sua immagine pubblica, Berlinguer risponde che gli dispiace essere definito un uomo triste, semplicemente perché "non è vero". Ma è pur vero che in Italia la sinistra si è sentita e tuttora si sente in dovere di essere triste (su Facebook esiste un gruppo "Perché la gente di sinistra è sempre triste", ma poi si scopre che per questi signori triste è sinonimo di arrabbiato). La destra dal canto suo ostenta ottimismo ad oltranza e barzellette di cattivo gusto, ma, decisamente, la felicità è un'altra cosa.
Del resto, se dalla felicità individuale allarghiamo il discorso alla felicità sociale, le cose non vanno meglio.
Queste mie riflessioni prendono spunto dalle "Invasioni barbariche" dell' 08-04-11, in cui, ospite Bianca Berlinguer, viene trasmesso un breve spezzone dell'intervista che nel 1983 Minoli fece al padre Enrico per "Mixer": alla domanda su che cosa gli dà più fastidio della sua immagine pubblica, Berlinguer risponde che gli dispiace essere definito un uomo triste, semplicemente perché "non è vero". Ma è pur vero che in Italia la sinistra si è sentita e tuttora si sente in dovere di essere triste (su Facebook esiste un gruppo "Perché la gente di sinistra è sempre triste", ma poi si scopre che per questi signori triste è sinonimo di arrabbiato). La destra dal canto suo ostenta ottimismo ad oltranza e barzellette di cattivo gusto, ma, decisamente, la felicità è un'altra cosa.
martedì 5 aprile 2011
Loredana Lipperini, autrice di Ancora dalla parte delle bambine, riportava giorni fa sul suo blog
http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2011/03/31/ali-e-stivali/ un articolo di Maria Novella De Luca per Repubblica sulle bambine, su come ancora e sempre l’educazione delle femmine riproponga un modello di donna subalterno e tradizionale.
L'articolo cita i vari oggetti, rigorosamente rosa, che costituiscono l'arredo delle camerette, tutto "il sexy mondo delle bambole Winx, i trucchi e gli smalti per apparire donne formato baby, i cellulari con le custodie confetto,e collane di libri dove le eroine femminili possono tutto, sì, purché siano però seduttive, bellissime."
Mi permetto di aggiungere un particolare raccapricciante: la ricostruzione delle unghie! Sono un'insegnante di scuola media e tutti i giorni in classe vedo volteggiare mani ancora infantili di ragazzine dagli 11 ai 13 anni con inquietanti unghie finte decorate in stile drug queen. In ogni classe poi, c'è l'esperta della situazione che organizza a casa sua sedute di ricostruzione delle unghie per le amichette.
E vorrei tanto poter condividere il fiducioso pensiero di Maria Rita Parsi, che "il tentativo di rimettere le donne nei ruoli tradizionali è costante e non tramonta, ma queste ragazzine sono più colte, più sicure": al di là della conferma che sì, è vero, le mie alunne studiano e s'impegnano più dei maschi, parlare di cultura, ahimè, nella scuola italiana di oggi, in quella dell'obbligo poi... Ma questa, me ne rendo conto, è un'altra (dolente) storia.
http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2011/03/31/ali-e-stivali/ un articolo di Maria Novella De Luca per Repubblica sulle bambine, su come ancora e sempre l’educazione delle femmine riproponga un modello di donna subalterno e tradizionale.
L'articolo cita i vari oggetti, rigorosamente rosa, che costituiscono l'arredo delle camerette, tutto "il sexy mondo delle bambole Winx, i trucchi e gli smalti per apparire donne formato baby, i cellulari con le custodie confetto,e collane di libri dove le eroine femminili possono tutto, sì, purché siano però seduttive, bellissime."
Mi permetto di aggiungere un particolare raccapricciante: la ricostruzione delle unghie! Sono un'insegnante di scuola media e tutti i giorni in classe vedo volteggiare mani ancora infantili di ragazzine dagli 11 ai 13 anni con inquietanti unghie finte decorate in stile drug queen. In ogni classe poi, c'è l'esperta della situazione che organizza a casa sua sedute di ricostruzione delle unghie per le amichette.
E vorrei tanto poter condividere il fiducioso pensiero di Maria Rita Parsi, che "il tentativo di rimettere le donne nei ruoli tradizionali è costante e non tramonta, ma queste ragazzine sono più colte, più sicure": al di là della conferma che sì, è vero, le mie alunne studiano e s'impegnano più dei maschi, parlare di cultura, ahimè, nella scuola italiana di oggi, in quella dell'obbligo poi... Ma questa, me ne rendo conto, è un'altra (dolente) storia.
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