domenica 1 maggio 2011

Ma allora le donne sognano di nuovo (o ancora) una vita come un film di Doris Day?

In Melog 2.0 di venerdi 29 aprile Gianluca Nicoletti invitava gli ascoltatori (ma premettendo che si aspettava soltanto interventi femminili) a commentare la tesi esposta da Gemma Gaetani nel suo ultimo libro Ogni donna ama un fascista. Sia Nicoletti che l'autrice, presente in studio, hanno chiarito che la definizione "fascista" del titolo veniva usata non nella sua accezione storica e politica, ma in senso metaforico, per definire - cito le parole della Gaetani - "un uomo vero, un uomo severo, un uomo antico": si tratta dunque di un titolo provocatorio. Del resto Gemma Gaetani non è nuova alle provocazioni femminil-sociologiche: il suo libro precedente, Elogio del tradimento, è un "pamphlet a potente e ragionata difesa dell’esercizio della libera e segreta infedeltà in coppia", come recita il sottotitolo.
Ogni donna ama un fascista è un diario antimoderno scritto in versi, in cui la Gaetani si fa interprete delle donne di oggi, alle prese con uomini fragili, femminilizzati, in fuga da ogni tipo di responsabilità, da quella di guidare la macchina nel traffico o di pagare il conto del ristorante, a quella di impegnarsi a metter su famiglia. Se non c'è nostalgia nella parola "fascista", ce n'è sicuramente,e tanta, per quello che un tempo si chiamava il sesso forte, per l'uomo tutto d'un pezzo che dalla nave che affondava faceva scendere prima le donne e i bambini.
A proposito di questo libro, nel suo sito la Gaetani dice di prestare la sua voce "a una donna coeva che coeva non vorrebbe essere, che non vorrebbero lavorare fuori casa e perfino fuori sede ma tra le mura domestiche e per una famiglia"l'operazione nostalgia continua e riesuma un mito in realtà mai morto, quello della casalinga.
A questo punto il mio pensiero va alla notizia riportata dal Daily Mail qualche mese fa a proposito dei risultati di una ricerca guidata da Catherine Hackim della London School of Economics: alle donne non interessa l'indipendenza economica, ma sistemarsi con un buon marito e fare le casalinghe.


venerdì 22 aprile 2011

Convalido l'iscrizione di questo blog al servizio Paperblog sotto lo pseudonimo mariagrazia

mercoledì 13 aprile 2011

Chi ha paura (di quei comunisti) dei professori?

A febbraio Berlusconi ha accusato gli insegnanti della scuola pubblica di corrompere i giovani studenti (come Socrate, quale onore) inculcando loro valori diversi da quelli trasmessi dalle famiglie.
Ora un gruppo di parlamentari del PdL, guidati dall'onorevole Carlucci, che lo scorso febbraio ha presentato una proposta di legge con la quale chiedeva l'istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sull'imparzialità dei libri di testo scolastici, ha aperto un dibattito in cui accusa i libri di storia di «indottrinamento ideologico», anche a fini elettorali, e gettano fango sul Premier e sulle forze di Governo. E chi sceglie i libri di testo in un Paese in cui (ancora) la libertà di insegnamento è sancita dalla Costituzione? Gli insegnanti, almeno finora.
Perché tutto questo accanimento?
Sicuramente ha ragione l'europarlamentare del Pd, Debora Serracchiani, nel definire operazioni come questa ''un altro artificio per alzare cortine fumogene mentre in Parlamento si fanno gli interessi di Berlusconi''.
Eppure non posso fare a meno di pensare che questa ostilità continuata restituisca, suo malgrado, agli insegnanti almeno un po' della dignità e dell'orgoglio che da tempo sono messi a dura prova.
Insomma, mi viene da pensare: vuoi vedere che 'sti professori fanno un po' paura?

martedì 12 aprile 2011

Pasta al dente e niente bambini: la vacanza è servita

Rimando la seconda puntata del discorso sulla felicità per fare un breve commento ad una notizia che ieri, mentre facevo spese al supermercato ho sentito buttare lì, tra una canzone e l'altra, da una radio: l'annuncio  della Ryanair, diramato il 1° aprile (ma non è un pesce!) che dal prossimo ottobre metterà a disposizione voli senza bambini, ovviamente con una maggiorazione di prezzo.

Del resto sono sempre più richieste le vacanze per adulti. E non nel senso di soggiorni a luci rosse, che pure abbondano (su Internet si spazia dai "viaggi della gnocca" alle "vacanze scambisti", agli "alberghi intriganti per soli adulti"), ma di villaggi, resort, centri termali, hotel, in cui i bambini non sono ammessi. Un po' come quei posti (che nei luoghi di vacanza abbondano) in cui non sono ammessi gli animali.
Sono vacanze pensate soprattutto per singles che vedono le ferie come occasione per un incontro, che sia l'avventura di una settimana o l'incontro di una vita. Oppure vanno bene alle coppie, da quelle appena nate, alla ricerca di un luogo dove "tubare" in santa pace, a quelle ormai esauste da una ventennale convivenza, che tentano di rinverdire i fasti di una passione ormai consunta.

Figuriamoci, per una childfree come me le vacanze bambini esclusi sono un invito a nozze. Eppure l'idea mi intristisce un po': escludere deliberatamente dalla propria vita i contatti con una categoria umana, sia pure per il breve spazio di una vacanza, mi sembra un impoverimento spirituale e culturale.
Ma forse il nocciolo della questione sta nel viaggio organizzato, nella vacanza "tutto-compreso": quella senza imprevisti, senza sorprese, a quanto pare la preferita dagli italiani, che mettono tra le priorità mangiare la pasta perfettamente al dente a Rangiroa, o fare il bagno nella rssicurante piscina del resort piuttosto che avventurarsi
nelle infide acque della laguna corallina.

Innamorarsi in un mondo finto qual è quello del villaggio turistico ha qualcosa di virtuale, ricorda un po' gli amori nati in chat. Quante probabilità ha una coppia nata in ambienti così protetti di sopravvivere all'impatto con il mondo reale, quello del pesce con le spine e dei bambini che urlano?

domenica 10 aprile 2011

Discorso sulla felicità. 1) Perché gli italiani non sono felici?

Parlare di felicità, di questi tempi, può sembrare fuori luogo ma, diciamocelo, esiste un luogo, un momento adatto per tirar fuori questo argomento? La verità è che c'è un sorta di pudore a parlarne. Solo nelle rubriche tipo "posta del cuore" o "lo psicologo risponde", protetti dall'anonimato, confessiamo che vorremmo essere felici: nella vita di tutti i giorni; quando parliamo con familiari, colleghi ed amici non facciamo altro che scambiarci le nostre infelicità, condividere problemi e lamentele. Insomma, la felicità individuale appare un comportamento, o anche solo un desiderio, socialmente riprovevole.

Del resto, se dalla felicità individuale allarghiamo il discorso alla felicità sociale, le cose non vanno meglio.
Queste mie riflessioni prendono spunto dalle "Invasioni barbariche" dell' 08-04-11, in cui, ospite Bianca Berlinguer, viene trasmesso un breve spezzone dell'intervista che nel 1983 Minoli fece al padre Enrico per "Mixer": alla domanda su che cosa gli dà più fastidio della sua immagine pubblica, Berlinguer risponde che gli dispiace essere definito un uomo triste, semplicemente perché "non è vero". Ma è pur vero che in Italia la sinistra si è sentita e tuttora si sente in dovere di essere triste (su Facebook esiste un gruppo "Perché la gente di sinistra è sempre triste", ma poi si scopre che per questi signori triste è sinonimo di arrabbiato). La destra dal canto suo ostenta ottimismo ad oltranza e barzellette di cattivo gusto, ma, decisamente, la felicità è un'altra cosa.

martedì 5 aprile 2011

Loredana Lipperini, autrice di Ancora dalla parte delle bambine, riportava giorni fa sul suo blog
http://loredanalipperini.blog.kataweb.it/lipperatura/2011/03/31/ali-e-stivali/  un articolo di Maria Novella De Luca per Repubblica sulle bambine, su come ancora e sempre l’educazione delle femmine riproponga un modello di donna subalterno e tradizionale.

L'articolo cita i vari oggetti, rigorosamente rosa, che costituiscono l'arredo delle camerette, tutto "il sexy mondo delle bambole Winx, i trucchi e gli smalti per apparire donne formato baby, i cellulari con le custodie confetto,e collane di libri dove le eroine femminili possono tutto, sì, purché siano però seduttive, bellissime."
Mi permetto di aggiungere un particolare raccapricciante: la ricostruzione delle unghie! Sono un'insegnante di scuola media e tutti i giorni in classe vedo volteggiare mani ancora infantili di ragazzine dagli 11 ai 13 anni con inquietanti unghie finte decorate in stile drug queen. In ogni classe poi, c'è l'esperta della situazione che organizza a casa sua sedute di ricostruzione delle unghie per le amichette.
E vorrei tanto poter condividere il fiducioso pensiero di Maria Rita Parsi, che "il tentativo di rimettere le donne nei ruoli tradizionali è costante e non tramonta, ma queste ragazzine sono più colte, più sicure": al di là della conferma che sì, è vero, le mie alunne studiano e s'impegnano più dei maschi, parlare di cultura, ahimè, nella scuola italiana di oggi, in quella dell'obbligo poi... Ma questa, me ne rendo conto, è un'altra (dolente) storia.

martedì 29 marzo 2011

Tg1 RAI delle 7, stamattina: intervista a una ragazza tunisina sbarcata a Lampedusa, "arrivata in Italia per amore", dice la giornalista (eh, le confidenze da donna a donna...), e lei conferma, "oui, oui". E che, non ce la vogliamo mettere una romantica nota rosa, in mezzo a tutto quel pandemonio?